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Blog e content marketing: intervista ad Alessio Beltrami


Blog Content Marketing

Sul tema blog aziendali e Content Marketing non potevo non coinvolgere Alessio Beltrami. Da un po’ di tempo, infatti, coltivavo l’idea di mettere su carta una serie di riflessioni fatte assieme in diverse occasioni, spesso a margine di incontri pubblici durante i quali, allo IED di Milano come al Punto Flaccovio di Palermo, abbiamo parlato di scrittura, produzione di contenuti digitali, marketing, scrittura e digital copywriting.

Più nello specifico, di blog aziendale si parla ancora e spesso. Pur tuttavia non si è detto tutto, un po’ per la vastità dell’argomento un po’ perché molti sono preda di mode e suggestioni che lo vorrebbero non troppo in salute, scalzato da social media e altre piattaforme più veloci e, proprio per questo, meno inclini all’approfondimento.

Chi vive in prima persona l’ecosistema digitale la pensa diversamente. Anzi, non mancano le previsioni, piuttosto probabili, di un ritorno al blog aziendale (e non) anche come forma di difesa rispetto alla pervasività di piattaforme, Facebook in primis, ritenute dallo stesso Dave Winer “recinti” che ci hanno fatto perdere di vista lo spirito originario della Rete.

Ciao Alessio, presentati ai lettori di SegnaleZero

Sono un consulente di comunicazione che ha deciso di focalizzarsi sul Content Marketing. Da 10 anni aiuto le aziende a comunicare meglio sfruttando i contenuti. Al tempo stesso sono un divulgatore su queste tematiche. Ho creato ContentMarketingItalia.com e conduco il podcast Content Marketing Italia disponibile su iTunes.

Al di là delle ripetute sentenze sulla sua “morte”, il blog è lo strumento di comunicazione digitale che meglio di tutti ha retto il passare degli anni. Sei d’accordo con questa affermazione? Secondo te a cosa si deve tale longevità?

Il blog sta benissimo nonostante l’età e questo non per merito suo. Mi spiego, in passato ha goduto di una certa popolarità – forse anche per la scarsità di cose interessanti che accadevano sul web – ma di fatto era uno strumento al servizio di pochi. Questo perché pochi usavano Internet, pochi pubblicavano e pochi leggevano blog.
Oggi le cose vanno diversamente ed il contesto rende il blog in perfetta salute. Ognuno di noi interroga Google più volte al giorno e i risultati che Google ci presenta sono elaborati anche sulla base dei contenuti presenti nelle pagine web. Per questo molti blog appaiono in quei risultati e per questo un blog oggi rappresenta una buona possibilità per essere trovati da nuovi potenziali clienti in cerca di risposte.

Alessio Beltrami e Piero Babudro
Alessio Beltrami e Piero Babudro prima del Podcast n° 50 di Content Marketing Italia

 

Per approfondire: Come creare un piano editoriale efficace per il Content Marketing

 

Perché il blog in azienda rappresenta un valore tangibile? E quali sono gli strumenti più corretti da affiancargli per aiutarlo in questo compito?

Parlare di nuovi clienti, di fidelizzazione e di percezione dell’azienda all’esterno lo ritengo scontato e su questi temi esiste già molta letteratura.
Per me è più interessante concentrarmi altrove. Partiamo dall’interno dell’azienda. Un blog è un potente strumento di comunicazione interna capace di diffondere in modo naturale informazioni che altrimenti vivrebbero a comparti stagni. Accade in molte realtà: non si sa cosa faccia chi sta nell’ufficio accanto al nostro. Mettere in relazione le varie componenti di un’azienda è un valore tangibile, significa facilitare la comunicazione e la collaborazione. Genera fatturato.
Un’altra riflessione la faccio sulla creazione di contenuti. Essere costretti a mettere nero su bianco un concetto per spiegarlo ad una platea più ampia – e soprattutto differente da quella composta da colleghi ed addetti ai lavori – porta le persone a comprendere meglio il proprio lavoro, perché quando sai fare una cosa, saperla anche spiegare regala un livello di consapevolezza più profondo. Da soli questi due elementi giustificano ampiamente i costi di un blog aziendale.

Di fronte al proliferare di contenuti, piattaforme e algoritmi che limitano la circolazione di un contenuto, il nodo centrale della comunicazione è diffondere il proprio messaggio pur senza risultare invasivi. Come ti poni di fronte a questo interrogativo e quali sono i tuoi consigli in merito?

l problema dell’online è che ha fatto perdere il senso delle realtà a molte persone. Ciò che separa un’azienda da nuovi clienti non è un algoritmo, ma un interesse reale da parte dei clienti. Stimolare l’interesse è il nodo della faccenda. Le persone stanno bene senza di noi, non ci stanno aspettando, non vogliono leggere i nostri post, vedere i nostri video e ascoltare i nostri podcast. Le persone respingono di base ogni messaggio non richiesto e non è escogitando nuovi modi per importunarle che risolveremo la cosa.
L’online è per tutti, ma solo una mentalità esclusiva può davvero aiutare un business a distinguersi. L’approccio oggi online è inclusivo e questo non aiuta. Guarda la comunicazione di ogni azienda sul web per capirlo: è accattonaggio. “Metti un like, condividi, commenta…” è il massimo che riescano a esprimere molte aziende.
Per loro non importa chi compia l’azione, perché vorrebbero vendere a tutti. La soluzione è realizzare una comunicazione esclusiva, alcuni devono capire chiaramente di non essere i benvenuti e analogamente altri devono capire che lì c’è qualcosa fatto solo per loro e non per tutti. L’inizio di una delle lettere di vendita più famose della storia recita “Quite frankly the American Express card is not for everyone”. Non è per tutti, dice subito. Ecco cosa dovremmo imparare a fare.

È possibile stilare un identikit del “contenuto che funziona”?

No, ma dovendo punterei su alcuni valori che stanno diventando risposte universali ai bisogni di ognuno di noi. Oggi abbiamo tutti poco tempo, per questo direi che si tratta di un contenuto capace di far risparmiare tempo. Oggi abbiamo tutti poche energie mentali, per questo direi che si tratta di un contenuto facilmente fruibile senza richiedere uno sforzo cognitivo eccessivo.
Infine, oggi abbiamo tutti voglia di una gratificazione istantanea, quindi dovrebbe essere anche appagante. Su questo terzo punto è indispensabile avere grande sensibilità perché l’appagamento è relativo alla scala di valori del consumatore, non certo alla nostra che maneggiamo ogni giorno quelle tematiche.

Ne abbiamo parlato spesso in occasione degli incontri pubblici e dei workshop tenuti assieme, ma ora lo mettiamo nero su bianco: come conciliare la necessità di essere persuasivi e creativi allo stesso tempo? 

La storia mette a nostra disposizione gli insegnamenti preziosi di chi prima di noi si è cimentato con la parola scritta e i numeri di chi ha misurato pazientemente i risultati di approcci e tecniche comunicative. Questo è un punto di partenza molto importante. Fare nostre queste nozioni, padroneggiarle e testarle sulla nostra pelle ci aiuta a delimitare il nostro perimetro di gioco. Non so se si possa parlare di stile trattandosi di contenuti al servizio del business, ma comunque ci aiuta a fare nostri i fondamentali. Una volta compresi questi aspetti possiamo muoverci all’interno del ring come vogliamo e qui entra in gioco la componente creativa.

Chiedimi come creare un blog aziendale di successo
SegnaleZero Content strategy, scrittura digitale, storytelling

Nel nuovo interesse per tutta quella serie di strategie e strumenti raccolta nell’etichetta di “Inbound Marketing” vedo un ritorno a pratiche consolidate da tempo, oggi di nuovo in auge perché ci si sta rendendo conto che l’attenzione estemporanea dei social media e del real time non è tutto. Tu che ne pensi?

Tutte le forme di marketing stanno facendo i conti con l’attenzione dell’utente. Tra le attività che stanno tornando ad esempio c’è il native advertising che va nella direzione opposta del real time marketing. Infatti dove le attività social e real time cercano di intercettare secondi preziosi di un viaggio che l’utente sta facendo, il native cerca di fermare quel viaggio costruendone un altro, con una narrazione che richiede attenzione, con informazioni approfondite eccetera.

Da circa una decina di anni l’azienda deve confrontarsi, se non scontrarsi, con l’imperativo di diventare “editore di se stessa”, ossia di pensarsi come produttore di contenuti e costruttore di community prima ancora che generatore di prodotti/servizi e business. Sulla scorta di questo mutamento epocale, parole come “linea editoriale”, “pubblicazioni”, “content strategy” sono entrate nel vocabolario di chi, fino a un attimo prima, parlava in termini di “produzione”, “fatturato” e quant’altro.  Dal tuo punto di vista e secondo la tua esperienza, le aziende italiane come stanno affrontando questo cambio di passo e mentalità?

Mediamente non lo stanno affrontando. Molte aziende investono in comunicazione, ma la considerano una componente esterna, un aspetto di serie B, delegabile. Questa è la verità ed è il frutto di una condizione ben più grave: le aziende in molti casi non hanno nulla da dire. Dire qualcosa non è mai stata una necessità e a quello non è mai stata dedicata alcuna risorsa mentale. Quindi il vero elemento in grado di fare la differenza non sta negli strumenti, nelle tecniche o nelle strategie, ma nel potenziale di partenza che l’azienda ha già in casa. Da lì si può costruire un ottimo lavoro e trasformare un’azienda in media, ma senza gli ingredienti di base non c’è soluzione.

Come è destinato a evolversi il blog in azienda nei prossimi anni?

Il blog è una cornice, fino ad oggi la cornice migliore – economica ed efficace – per portare all’esterno un messaggio aziendale in modo autentico. Non so farti una previsione perché molto sta cambiando. Quello che sicuramente è un investimento utile per le aziende, è sviluppare internamente la capacità di produrre contenuti. Questo oggi si sfrutta sul blog e sui social e domani sarà spendibile su App e sui sistemi di riconoscimento vocale.

comunicazione, content marketing

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