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Huffington Post: arrivano i tagli


Tagli di organico in casa Huffington Post

Qualche giorno fa, in ‘Appunti su giornalismo, diritti e crowdsourcing (passando per Huffington)‘ ho parlato di Huffington Post, di AOL e di quei blogger che per anni hanno collaborato alla testata online senza ricevere un dollaro. Il tutto in nome di una partecipazione collettiva al Grande Discorso del Web 2.0 che, sotto l’egida del crowdsourcing e della produzione collettiva di contenuti, spesso nasconde lavoro non pagato e sfruttamento della cosiddetta manodopera intellettuale.

Oggi, ad acquisizione conclusa e ufficializzata (America On Line compra Huffington Post per 315 milioni di dollari), e dopo le prime polemiche dei blogger, che ironicamente hanno chiesto ad Arianna Huffington: “Ti avanza qualche spicciolo?”, arrivano altre conferme non proprio positive.

Lo leggo in un articolo di Repubblica che trovate a questo link.
… l’ad Tim Armstrong, in un incontro con i giornalisti dell’Huffington, ha annunciato che ci saranno dei tagli. Il numero dei licenziamenti ancora non è noto, ma la notizia è che colpiranno anche la testata, mentre all’inizio sembrava che fosse solo la parte amministrativa ad essere interessata dalla ristrutturazione. “Ci saranno modifiche dal punto di vista lavorativo”, ha detto Armstrong“.

Ma i blogger non ci stanno. Visual Art Source e ArtScene, due collaboratori attivi dell’Huffington Post a titolo gratuito, sono entrati in sciopero e non forniranno più contenuti al sito. E chiedono ad altri collaboratori di aderire alla protesta, citando tutte le mancanze e le incongruenze nel rapporto di lavoro con il Post. Bill Lasarow, una delle menti dietro Visual Art Source, chiede di stabilire una tabella di retribuzioni per chi collabora col Post, al momento inesistente. Inoltre, chiede la dissociazione di contenuti forniti a titolo gratuito dalle inserzioni pubblicitarie e dai comunicati stampa“.

Ed ecco il cuore di tutta la vicenda, che conferma implicitamente il ragionamento che ho fatto nel post ‘Appunti su giornalismo, diritti e crowdsourcing (passando per Huffington)‘.

Cito sempre da Repubblica, sottolineando due punti secondo me fondamentali:
Alle proteste, Arianna Huffington risponde che la retribuzione vera per i contenuti forniti è la visibilità. Ma con la cifra che Aol ha pagato per il Post, Lasarow e i siti coinvolti non sembrano più intenzionati a lavorare per la gloria. I blogger chiedono di essere pagati, e indubbiamente il loro lavoro gratuito ha contribuito alla fama dell’Huffington Post. “Dobbiamo trasformare questo rapporto in uno scambio professionale”, dice Lasarow. E la Huffington, ora a capo dei servizi giornalistici di Aol, “farebbe bene a cambiare mentalità”. Continua Lasarow: “Al Post non fanno niente di illegale, ma si comportano in maniera ipocrita e priva di etica”. La risposta della Huffington è chiara e concisa: “Coraggio, scioperate”, dice, “nessuno se ne accorgerà. Scrivere per il Post equivale ad andare in tv in un talk show di grande popolarità. Vuol dire visibilità massima. E se qualcuno decide di andarsene, sono in tanti pronti ad occupare quegli spazi“.

Come a dire, tanto c’è la fila fuori. Ecco la vera – e duplice – ipocrisia della Huffington e di molti altri editori: da un lato considerare la visibilità come una forma di pagamento (niente di più falso). Dall’altro esaltare l’importanza delle nuove pratiche di produzione contenuti, le intelligenze condivise e tutte le mode che il Web ha lanciato in questi ultimi anni, per poi negare l’individuo e arroccarsi nella versione 2.0 del vecchio “Fai quello che ti pare, tanto c’è la fila qui fuori!”

Compiute delle verifiche, ho visto che i fatti citati da Repubblica.it possono essere letti anche sotto un’altra luce e con uno schema diverso.
I blogger chiedono un rapporto di lavoro diverso con Huffington Post, dopo anni di lavoro gratuito.
Arianna Huffington risponde loro di no perché sa cosa sta per accadere.
I blogger protestano e intanto, con il passaggio ad AOL, arriva la scure dei tagli che colpisce SOLO la redazione di giornalisti (quindi gli assunti, qui Repubblica sembra fare confusione..).
Ai blogger, che hanno già minacciato di non fornire più contenuti, Arianna Huffington risponde picche. Come ha trovato loro, ne può trovare centinaia là fuori.

A prescindere dalla lettura che vogliamo dare agli eventi, la conclusione è una. C’è un forte bisogno di ripensare il rapporto tra editore online e collaboratori/blogger, prima che passi definitivamente l’assunto per cui scrivere per un blog/testata online sia opera di mero volontariato. L’inganno del crowdsourcing sta tutto qua.

giornalismo, informazione

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