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Nobel per la pace a Internet?


Non mi convince. Internet for Peace, iniziativa di Wired per candidare il web al premio Nobel per la Pace 2010, mi sembra più una mossa comunicativa furba che una proposta concreta.

Non sono le motivazioni a lasciarmi perplesso.  Sono convinto (sfido chiunque a sostenere il contrario) che la Rete abbia contribuito non poco all’abbattimento di barriere culturali e politiche, ricoperto un ruolo fondamentale per aumentare la coscienza civile di nazioni intere. Nel nostro paese, ad esempio, sembra essere l’unico antidoto a un potere che mischia in soluzione di continuità (e spesso senza ritegno) res publica e res catodica.

Guardando a situazioni tutto sommato ben più gravi, ha sorretto le rivolte di Teheran con il passaparola online – giusto per citare eventi recenti – così come ha dato modo di esprimersi a Yoani Sanchez e agli altri blogger anticastristi. Se oggi noi conosciamo molti degli orrori che quotidianamente avvengono in Cina o nei paesi arabi, lo dobbiamo a chi cura clandestinamente blog e riviste online, rischiando di essere torturato o di morire in qualche prigione segreta.

Tutto vero. Ma allora sono queste persone a meritarsi il Nobel!!

L’errore di fondo oggi è confondere il semplice mezzo con chi invece anima l’azione di pace.

Oggi Internet è un luogo sociale e di condivisione. C’è chi lotta ogni giorno in difesa della libertà di espressione, chi invece la utilizza per altri fini molto meno nobili. Ma di per sé rimane uno strumento neutro: lo puoi usare per fare del bene, per comunicare all’esterno, oppure per una profilazione di massa dell’audience online, o ancora per mettere il bavaglio alla stampa di opposizione.

L’importante è avere ben chiaro il concetto: qualcuno sta mitizzando lo strumento Internet oltre ogni ragionevole dubbio. Probabilmente ci sono anche dei fini economici dietro alla proposta, se è vero che a sostenere l’iniziativa ci sono aziende le cui politiche ‘internettiane’ sono discutibili sotto molti punti di vista.

I nomi li sappiamo: sono in calce all’articolo di Wired. In mezzo a loro troviamo chi alimenta una rete fatta di ‘walled garden’ a danno della libertà dell’utente e del diritto di una navigazione libera, chi sui suoi telefonini blocca Skype, chi invece in Italia predica bene mentre in passato è stato complice di quelle stesse autorità cinesi che vedono Internet come fumo negli occhi, chi non muove un dito contro il digital divide.

David Rowan, direttore Wired Uk, ha detto che la Rete “ha dato a tutti noi la possibilità di riprenderci il potere dei governi e delle multinazionali.” Non è del tutto vero. Lo sta disintermediando, e ha spostato i centri di potere altrove dai luoghi tradizionali. Ma non per questo siamo più liberi.

Quello che un tempo avveniva nei palazzi della politica, oggi viene deciso in altre sedi. Ma non per questo le multinazionali o i governi sono meno potenti. Sono più sfuggenti, tutto qua.

 

(Intendiamoci, sempre meglio Internet di Henry Kissinger, Nobel per la pace nell’anno del golpe cileno.)  

 

 

 

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