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Status Update


Da circa un annetto osserviamo che vivere il web sta diventando sempre più una questione di aggiornamenti. Su cosa facciamo, dove stiamo andando, con chi ci incontriamo, se per lavoro o per piacere. Ben lontana dall’essere una semplice domanda, il “What are you doing?” è diventato il mantra del momento, una filosofia del tempo reale (o dell’eterno presente, scegliete voi) che estrapola in automatico le nostre azioni dal flusso della quotidianità e le mette su un ideale piedistallo digitale. Tutto diventa rilevante.
Si ritorna (o si crede di ritornare, anche qui la scelta è vostra) protagonisti del proprio tempo e del proprio vissuto, spesso senza accorgerci che stiamo inondando di messaggi amici, colleghi e conoscenti che ci leggono su Facebook, Twitter, Friendfeed.
Hanno cominciato alcune delle cosiddette ‘blogstar’, molto abili nel trasformare ogni minimo cappuccino di lavoro in occasione di Pr personali, all’insegna di una comunicazione spregiudicata che trasforma ogni frammento di rapporto interpersonale in un galà del 2.0. Poi la brutta abitudine l’abbiamo presa tutti: al punto che spesso molti di noi sono costretti a cancellare gli update di alcuni amici dalla bacheca di Facebook perchè esasperati da una miriade di messaggi non proprio tra i più interessanti.
Ad ogni modo, questa febbre da ‘status update’ è destinata a esplodere veramente solo con l’affermarsi di applicazioni 2.0 per il Mobile. Le premesse per un uso di massa già ci sono. A testimoniarlo, ultimamente, l’ennesima ricerca sul rapporto – in termini di user experience – tra Internet e telefonia mobile.
L’ha condotta Buongiorno, multinazionale del mobile entertainment, in collaborazione con peoplesound, social network pensato per cellulare che idealmente riprende il cammino interrotto dopo il mezzo blackout di Blinko. Si tratta di uno studio che ha coinvolto 301 persone tra Italia, Francia, Spagna e Gran Bretagna, a delineare le abitudini di utilizzo delle reti sociali digitali e in generale l’approccio degli utenti alla navigazione in mobilità.
Bene. È venuto fuori che in tutti i paesi oggetto di questa survey – Spagna esclusa – oltre la metà degli intervistati adopera il proprio cellulare o smartphone per accedere alla Rete. Primi tra tutti gli inglesi, con un ragguardevole 81%: non è una novità, visto che quello inglese è un mercato notoriamente maturo, almeno sul fronte web e nuove tecnologie. In Italia arriviamo a un lusinghiero 55%: l’azienda commenta il dato in modo neutro, quasi senza stupirsene più di tanto, eppure si tratta di un grande risultato. Basta pensare a che punto eravamo solo un anno fa, per renderci conto dei passi compiuti.
I driver del cambiamento sono l’avvento planetario di Facebook e quello di dispositivi sempre più performanti e meno costosi. E di tariffe flat o simili. La Spagna, ancora una volta, è fanalino di coda, ma anche questa – piaccia o no – non è una sorpresa. Il nostro paese è invece primo per quanto riguarda la propensione degli utenti a un utilizzo ‘multipiattaforma’: siamo quelli con il più alto numero di persone iscritte contemporaneamente a più servizi, mentre i francesi – per dire – sono i più fedeli. Si iscrivono a un social network e lì rimangono.
Noi siamo più ‘vittima’ delle mode. Ci iscriviamo a qualsiasi cosa rappresenti il tormentone del momento, anche se poi – a conti fatti – scopriamo di non sapere che farcene: basti pensare alla percentuale dei profili inattivi sul totale degli iscritti italiani, numero che con una buona approssimazione immaginiamo molto alto. Però siamo anche un popolo incline all’entusiasmo, al punto che la ricerca di Buongiorno e peoplesound ha rilevato una propensione generale a pagare anche 4 euro a settimana per poter fare social networking in modo costante, magari accedendo a funzionalità evolute non previste dagli account base.


facebook, social media

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