Storytelling per startup
Nei primi mesi del 2019 il numero di startup italiane iscritte al registro delle imprese ha superato la quota di 10.000, con una presenza importante soprattutto in Lombardia, Lazio ed Emilia-Romagna. Queste realtà innovative spaziano dalla tecnologia alla cucina, dalle soluzioni in campo medico all’E-commerce, ma tutte hanno in comune la necessità di adottare le migliori strategie comunicative e di Marketing per emergere e consolidarsi. Nell’ottica della loro crescita e di un adeguato sviluppo, uno dei mezzi a disposizione è il Corporate Storytelling, che per le startup rappresenta un’occasione di raccontarsi in maniera sincera al proprio pubblico, con l’obiettivo di creare con esso una relazione basata su valori emotivi profondi e sulla condivisione di valori comuni. Qualcosa che col tempo è destinato a diventare via via più solido. Ma perché un’azienda innovativa dovrebbe scegliere il cosiddetto marketing narrativo per raccontarsi, promuoversi e creare interazione attorno al proprio brand?
Ma, soprattutto, in che modo può sfruttarne i vantaggi dello Storytelling digitale? E quali sono gli errori da evitare? Vediamolo assieme.
Tutti i vantaggi dello Storytelling per le startup
Proprio come le altre imprese, anche le startup possiedono un ingente capitale narrativo che possono, anzi, devono, sfruttare fin dalle prime fasi della loro esistenza. Viviamo nella cosiddetta Narrative age, forse l’ultimo baluardo per creare valori condivisi e un immaginario che unisce e non divide. Ai pubblici non interessa più soltanto il prodotto o il servizio, ciò per cui spenderanno dei soldi, l’App che scaricheranno sullo smartphone, e via dicendo. I consumatori vogliono conoscere la storia, scoprire chi sono le persone dietro l’idea, quali sono i loro valori e come intendono applicarli alla realtà aziendale che si apprestano a costruire, frammento dopo frammento.
Relazionarsi con il pubblico è necessario in tutte le fasi di sviluppo di una startup e farlo attraverso una narrazione è quanto di meglio si possa scegliere oggi. Come abbiamo già ricordato, possiamo considerare molti esempi di Storytelling come un modo nuovo di fare Marketing, quasi una sua naturale evoluzione, oltre che un suo alleato e un’arma molto potente. Di conseguenza, esso deve trovare lo spazio adeguato in una strategia di contenuto supportata da professionisti. Tutti abbiamo delle storie, ma per trasformarle in racconti bisogna conoscere le basi delle teorie narrative e saperle applicare. Quindi, per prima cosa: anche lo Storytelling per startup ha bisogno dell’intervento di professionisti. Web writer, Copywriter, Web Editor e uno specialista in Storytelling sono alcune delle figure chiave. Con i mezzi e le competenze giuste, ogni passo della vita di una startup contiene già gli elementi necessari per un buon racconto, un arco narrativo nel quale non è solo l’azienda a evolversi e trasformarsi, superando ostacoli e difficoltà, ma anche i suoi fondatori, che vivono un percorso intenso e possono pertanto cambiare, in risposta a quanto accade intorno a loro. Proprio il racconto di questo percorso può diventare più forte di ogni teoria sulla scrittura persuasiva o attività standard di UX Writing o di Copywriting, in quanto un racconto basato sulle emozioni e sapientemente diluito sui vari supporti Web, dal blog aziendale ai social media, può davvero diventare un’arma in più.
Da dove partire e quando? Domanda legittima. Tutte le fasi importanti per gli startupper andrebbero supportate dal racconto. Il primo passo, fondamentale, è raccontare la storia dei fondatori e farsi conoscere:
Chi sono le persone dietro il progetto e per quale motivo hanno avuto quell’idea e la stanno portando avanti?
Come si collega tutto ciò al vissuto di ognuno di loro, a livello personale cosa c’è di tanto interessante da poter coinvolgere il pubblico, costringerlo a prendersi cinque minuti per fermarsi e dedicare la sua attenzione?
Queste, per esempio, sono alcune domande utili per capire come orientarsi nella fase iniziale.
Una startup ha bisogno di persone che credono nel progetto, al di là di ogni ragionamento prettamente produttivo. La startup non è solo un’azienda: è una filosofia.
Anche nel rapporto con i potenziali investitori, lo Storytelling può fare la differenza. Chi deciderà di impegnarsi? Quelli che si rispecchiano nei valori dei fondatori, e qui entra in gioco il racconto, una narrazione che dica: “Abbiamo in comune alcune cose, crediamo negli stessi valori, eccoli qui. Ora li racconteremo illustrando il mondo che vogliamo creare con il nostro duro lavoro, perché riteniamo di meritarci tutti qualcosa di più”. Per esempio.
La partecipazione ai pitch, poi, è un altro punto delicato per ogni startupper, che spesso mette i nervi a dura prova, è che è sicuramente un’arma a doppio taglio, perché ci si mette in giorno anche fisicamente, con la propria persona e la propria voce. Come si conquista un pubblico, in questo caso? Talvolta partire dalla storia imprenditoriale e dai “perché” che muovono le persone ogni giorno è la scelta migliore. Poi parlare del prodotto, con pochi fronzoli, con parole concrete ed efficaci, per spiegare che cosa c’è di diverso nel progetto e quali sono i suoi punti di forza rispetto ad altri, dov’è l’innovazione.
Lo Storytelling sui social media, sotto la guida di uno Storytelling specialist, può aiutare la startup a farsi conoscere e anche ad ampliare il proprio pubblico, sfruttando la narrazione come mezzo per raggiungere le persone e coinvolgerle su una base prettamente emotiva. Da non sottovalutare anche la capacità di fidelizzare pubblici e creare community.
Consigli per startup: come progettare uno Storytelling efficace
Cosa può fare, dunque, una startup che voglia raccontarsi attraverso lo Storytelling digitale? Beh, il punto di partenza è ovviamente la sua storia, che però è un elemento grezzo, non ancora lavorato, è il blocco di marmo dal quale lo scultore dovrà ricavare una statua meravigliosa. E proprio come una scultura, il soggetto potrà essere lo stesso di tante altre, ma è la mano di chi lavora a decidere se sarà o meno un capolavoro. Funziona così anche con le storie: lavorare sull’identità, di un brand o di una startup, significa saper scovare quali sono gli elementi che faranno crescere l’interesse nei suoi confronti. Significa immedesimarsi nel pubblico, per mettere a fuoco l’obiettivo della propria missione partendo dal conflitto insito in ogni narrazione e dal bisogno del cliente di una risoluzione che lo comprenda e lo renda “eroe”.
Il successo di un’idea viene dall’aver dato una risposta diversa, inedita, funzionale, a un problema esistente e condiviso, che mette l’interlocutore e lo startupper sullo stesso piano e li avvicina. Ah, non bisogna mai aver paura delle emozioni, perché è esattamente ciò che il pubblico vuole. Una storia che tocchi le corde più sensibile e le faccia vibrare, forte.
Se lo Storytelling è assimilabile a un’operazione di Marketing, ciò lo si deve anche perché il suo obiettivo dev’essere condurre all’azione. Ma agire non significa soltanto comprare un prodotto o un servizio, perché ben prima di arrivare a questi step l’interlocutore deve riconoscere la connessione che c’è tra lui e l’azienda. Deve accorgersi che, grazie a ciò che l’azienda gli offre, il suo conflitto non esiste più, la sua necessità ha trovato una risposta.
Come accade per ogni altra impresa, anche lo Storytelling di una startup non può chiaramente essere un’azione una tantum e deve essere inserito in una strategia; ha inoltre bisogno della collaborazione tra persone interne alla realtà e professionisti esterni che mettono a disposizione le rispettive competenze per sviluppare una narrazione coinvolgente in ogni fase di sviluppo della nuova realtà produttiva.
Dai brief ai comunicati stampa, dalle campagne alle pagine del sito Web, ciò che davvero fa la differenza è che la narrazione della startup sia sempre coerente e univoca: la storia deve essere realistica e verosimile, declinata nel modo adeguato a seconda del mezzo.
Gli errori da evitare nel raccontare la propria storia
I vantaggi di una strategia di Storytelling per startup possono essere ridotti o addirittura annullati se nel raccontare la propria storia si commettono alcuni errori, come leggiamo in questo articolo. Vediamo quali sono e come evitarli.
Non mostrare l’azione
La buona e cara massima dello Storytelling, “show, don’t tell”, è valida anche per il racconto di una startup. Per coinvolgere il pubblico la scelta migliore è parlare al cuore e tirare in ballo le emozioni, quando si condivide la propria storia. Un po’ come quando si fa scrittura creativa. Niente informazioni sterili, fredde, c’è bisogno invece di coinvolgere l’ascoltatore e di fornirgli gli elementi per trarre una conclusione, per comprendere da solo il messaggio e farlo suo. I dettagli sono grandi alleati delle storie perché evocano un immaginario in chi le ascolta, permettono di farsi una propria idea dell’ambientazione e dei personaggi: il pubblico ha un ruolo attivo, non passivo, e questo non bisogna mai dimenticarlo. Manca ancora qualcosa? Ovvio: un protagonista, un personaggio nel quale gli interlocutori possano immedesimarsi, per vivere l’azione e il conflitto da una posizione privilegiata. Utile anche fare un inventario degli strumenti che si utilizzano per raccontare la storia dell’azienda. Il video, per esempio, se fatto bene, è un mezzo magnifico per il racconto di una startup, perché – se inserito correttamente in una strategia di Content Marketing – riesce a comunicare un’idea complessa in poco tempo, o a mettere a fuoco le differenze in modo facile e immediato, con l’uso delle immagini, dei suoni e delle parole. Ognuna delle parti che lo compongono amplifica la potenza delle altre.
Bando al gergo aziendale
I discorsi pomposi non piacciono a nessuno, e chi si fermerebbe a leggere un blog aziendale pieno zeppo di noiose presentazioni che rinunciano alla concretezza in favore di qualche parolone vuoto e poco incisivo? Se un prodotto o un servizio devono rispondere a un preciso bisogno del consumatore, per prima cosa bisogna fare in modo che scatti un meccanismo di riconoscimento basato sui valori.
Anche i termini tecnici non sono una scelta felice. Scrivere è un lavoro di cesello, nel quale non c’è spazio per parole superflue, che “riempiono ma non saziano”, proprio come le calorie vuote di alcuni cibi o bevande. È meglio evitarle, anche quando sembrano una buona idea.
Raccontare in maniera troppo impersonale
Dietro ogni prodotto ci sono degli esseri umani a guidare l’azione: il protagonista della storia deve essere fortemente personalizzato, soltanto così il racconto sembrerà reale agli occhi del pubblico, che si sentirà coinvolto e vorrà sapere anche ciò che accadrà più avanti. Le connessioni si creano tra gli esseri umani, che devono essere al centro di tutta la narrazione. Non c’è un solo modo per farlo, bisogna farsi ispirare e guidare dalla propria realtà per trovare la strada giusta.
Cominciare dall’inizio
In questo caso l’aforisma di Oscar Wilde non è adeguato, perché il miglior modo per resistere alla tentazione (di partire dall’inizio di un racconto) non è cedervi. Bisogna resistere, infatti. Alcune storie – poche, per la verità – hanno bisogno che il racconto parta dall’inizio. Per tutte le altre, però, vale la regola aurea che affida le redini del racconto alla fantasia e alla creatività, grazie alle quali salteranno fuori delle alternative cronologicamente stuzzicanti. Rispolverare le teorie della narrazione aiuta: possono bastare un muro e mezzo chilo di post-it di diversi colori per mettere ordine tra i diversi elementi della storia che si andrà a raccontare:
- Protagonista
- Personaggi principali
- Antagonisti
- Aiutanti
- Risorse disponibili
- Motivazione personali e collettive
- Conflitto iniziale
- Promessa di risoluzione del conflitto
- Arco di sviluppo del Protagonista
Possono essere sufficienti questi pochi punti per creare un piano di Storytelling, ancorché embrionale.
Mancanza di un conflitto
Un universo narrativo privo di conflitti non rispecchia la realtà dei fatti, quindi va da sé che non si tratta di un’opzione vincente. Come in ogni azienda e in ogni rapporto umano, privato o pubblico, possono esserci delle divergenze che, se sfruttate in maniera narrativa, magari potrebbero aiutare a superare l’impasse e portare a una fase nuova del progetto. A nessuno piacciono quelli che vincono sempre, né quelli che non cambiano mai.
Ognuno, inoltre, è responsabile delle proprie azioni, e questo principio vale sia per il singolo individuo che per una realtà aziendale. Ma non c’è niente di più umano che assumersi le proprie responsabilità e ammettere di aver commesso un errore: il pubblico saprà riconoscersi in quel gesto. L’autenticità genera sempre empatia.
Credere che le storie siano proprietà dell’azienda
Non funziona così, le narrazioni appartengono a tutti, anche e soprattutto al pubblico, ai consumatori, in un mondo in cui tramite i social media si può condividere in tempo reale qualunque contenuto.
Raccontare storie che non sono reali
Che si tratti di momenti belli o brutti, l’importante è che siano veri, perché è questo che genera coinvolgimento, che emoziona e che porta risultati.
Consulente per la comunicazione digitale. Mi occupo di Content Strategy, Content Marketing e Storytelling. Aiuto i miei clienti a progettare narrazioni e contenuti digitali che funzionano e portano risultati misurabili. Il mio approccio è media neutral: utilizzo indifferentemente testi, immagini e video per creare valore tangibile. Organizzo corsi di formazione in azienda, insegno presso l’Istituto Europeo di Design di Milano. Ho condensato parte del mio metodo di lavoro nel volume “Manuale di scrittura digitale creativa e consapevole” (Flaccovio, 2016), con l’obiettivo di aiutarti a produrre contenuti di livello eccezionale.