Transmedia Storytelling
I media digitali hanno influito in modo netto sulle modalità di produzione e fruizione dei contenuti. In particolare, riguardo alla produzione, abbiamo assistito alla nascita del cosiddetto Transmedia Storytelling, modalità di racconto che si avvale di molte piattaforme diverse sulle quali vengono spalmati contenuti differenti, ciascuno dei quali apporta il proprio contributo alla costruzione di un significato più ampio.
Ciò ha reso gli utenti protagonisti di un’esperienza narrativa differente e completa, mediante la quale il racconto principale viene costruito attraverso la fruizione dei contenuti disseminati sui vari media. Pertanto, la narrazione transmediale può essere definita l’insieme di pratiche, linguaggi ed esperienze che moltiplica le porte di ingresso verso il messaggio, e all’interno delle quali ogni mezzo contribuisce in modo unico e specifico alla definizione di un aspetto specifico del racconto globale. Per capire meglio il concetto di Transmedia Storytelling, le sue caratteristiche e la sua natura multipiattaforma, bisogna necessariamente rifarsi al lavoro di Henry Jenkins.
Henry Jenkins e la Cultura convergente: significato e origini del Transmedia Storytelling
Il primo a introdurre il concetto di narrazione transmediale è stato Henry Jenkins, professore universitario di Comunicazione, Giornalismo, Arti cinematografiche ed Educazione presso la University of Southern California.
Jenkins ha affrontato l’argomento in un articolo del 2003 e, tre anni dopo è tornato sull’argomento in modo più esteso e completo, nel saggio Cultura convergente.
Il volume, per molti aspetti giudicato rivoluzionario, fotografa la cultura popolare del nostro tempo – in questo ambito intesa come cultura di massa, – ne delinea i cambiamenti causati dalle nuove tecnologie e descrive le nuove modalità di comunicazione che si instaurano grazie a un nuovo modo di rapportarsi tra persone, e tra persone e piattaforme di comunicazione. Il tutto è analizzato dal punto di vista di chi crea i contenuti a favore dei canali di comunicazione digitale: Internet in primis, ma anche videogiochi o App Mobile.
In tutta l’opera il concetto di convergenza è centrale. Nell’ambito della multimedialità, la convergenza si identifica con l’ibridazione, ovvero la capacità di creare strumenti in grado di erogare informazione ma anche molti altri tipi di servizi, così da creare una fiction complessiva che si fa portatrice di un senso ultimo più ampio di quanto esplorato dal singolo mezzo.
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Transmedialità e comunicazione: i principi del nuovo panorama multipiattaforma
Prima di arrivare a descrivere i principi del Transmedia Storytelling in relazione alla comunicazione, Jenkins definisce gli aspetti che caratterizzano il panorama mediatico contemporaneo. Vediamoli insieme.
Innovazione
L’inarrestabile innovazione conosciuta dalle nuove tecnologie presenta precise ripercussioni sul modo che abbiamo di informarci e fruire dei contenuti digitali. Ad esempio, se da un lato Internet ci ha regalato un accesso facile e immediato alla conoscenza, questa semplicità si è tradotta anche in una bulimia di contenuti: siamo in grado di accogliere enormi quantità di informazioni ma non siamo in grado di digerirle e metabolizzarle. Un esempio lampante è la musica. Persone di ogni età, ormai, scaricano un numero enorme brani e album, ma non sono in grado di sviluppare un interesse culturale specifico verso generi, stili o artisti. Ciò si traduce in una conoscenza superficiale, in una cospicua mole di dati che non vengono mai organizzati in un sistema.
Convergenza
La convergenza intesa come ibridazione ha come protagonisti oggetti tecnologici in grado di fungere da telefono, televisore, radio, navigatore o altro ancora. La multifunzionalità ci ha riconsegnato contenuti declinati in molti formati, pronti per essere sempre a portata di mano, facili da distribuire in modo capillare e sempre più pervasivo.
La stessa canzone trasmessa in radio diventa jingle pubblicitario in televisione, file da condividere sul computer, colonna sonora al cinema, videoclip su YouTube, suoneria del cellulare, slogan su una maglietta. (Jenkins, 2003).
Quotidianità
Lo stretto legame fra tecnologia e quotidianità ha generato la condizione del multitasking. Si tratta della capacità di prestare una costante bassa attenzione ai molteplici stimoli che riceviamo ogni giorno. Essa può aumentare a dismisura quando siamo colpiti da uno stimolo particolare e preciso, che cattura il nostro interesse e ci spinge a concentrarci un po’ di più. Dal punto di vista strettamente fisiologico, purtroppo, questo continuo bombardamento di input si traduce in un altrettanto continuo rilascio di dopamina e altre sostanze, tanto vero che diversi studiosi di neuroscienze hanno già lanciato l’allarme: il multitasking danneggerebbe il cervello.
Interattività
I nuovi media ci permettono non solo di interagire in modo profondo con i contenuti ma anche di delineare i limiti principali del flusso di contenuti: cosa vedere o ascoltare, come e in quale momento. Per molti, le interazioni possibili con i nuovi media si riducono a un mero copia e incolla fatto di fruizione immediata e ricondivisione del contenuto attraverso i canali personali. Secondo Jenkins, questo è un passaggio fondamentale per capire l’interattività, perché si tratterebbe di una prassi che si rifà alla creatività delle piccole produzioni amatoriali, tipiche delle culture popolari.
Partecipazione
La moltitudine di piattaforme disponibili ci pone davanti alla possibilità di creare e condividere contenuti in modo libero e molto semplice. Purtroppo, questa forma di partecipazione è spesso raccontata dai media come intrinsecamente collegata a fatti di cronaca più o meno spiacevole, che dipendono però dall’uso improprio degli strumenti più che dalle caratteristiche degli stessi. Come dire, è la volontà di chi guida (e non l’automobile intesa come interfaccia) a determinare un caso di pirateria della strada. Eppure, il dibattito pubblico convenzionale taccia i nuovi media di essere generatori di problemi sociali, senza porsi il problema della mancata educazione, consapevolezza o empatia che genera comportamenti devianti, come ad esempio il cyberbullismo. Per questo motivo, educare a un uso intelligente e decoroso dei mezzi di comunicazione digitale deve diventare una priorità dei decisori pubblici del mondo della formazione. Ne è un esempio, la scelta di introdurre lo Storytelling nella didattica della scuola primaria e secondaria, inteso come insieme di strumenti e pratiche capaci di sviluppare negli studenti senso critico, creatività e consapevolezza, insegnando loro a pensarsi come produttori intelligenti di contenuti. E non solo come fruitori passivi dell’ennesimo tubo catodico.
Globalità
La possibilità di entrare in contatto, seppur virtuale, con persone e situazioni dislocate in tutto il mondo può diventare un forte incentivo alla costruzione di un’identità personale ricca e aperta. Un aspetto rilevante, questo, soprattutto per coloro che impropriamente vengono chiamati nativi digitali, i quali spesso rischiano di confrontarsi con un mondo globale inteso soprattutto come schermo di rifrazione di situazioni, stilemi e valori decisi altrove. Spesso all’interno delle “agenzie” e delle realtà che si occupano di codificare consumi e consenso.
Generazioni
I nuovi media hanno fatto irruzione nella vita di tutti, a prescindere da età, elementi sociodemografici o uniformità nell’approccio e nelle forme di utilizzo degli strumenti digitali. Ma il vero problema, semmai, è che invece di studiare le potenzialità di questo nuovo scenario, si continua a sottolineare il divario generazionale tra nativi digitali e immigrati digitali. Sarebbe meglio lavorare congiuntamente per riscoprire il valore sociale di un’educazione reciproca: adulti nei confronti dei più giovani, ma parallelamente giovani e giovanissimi nei confronti degli adulti. Si potrebbero così evitare tutta una serie di luoghi comuni che permeano la trasmissione – oggi quasi del tutto assente – di conoscenze intergenerazionali.
Ineguaglianza
Nonostante la “vocazione democratica” dei nuovi media digitali in termini di accesso alle informazioni sia innegabile, è opportuno soffermarsi sulle ineguaglianze che si producono a livello di scambi simbolici e mezzi di comunicazione. Il digital divide non è un fenomeno meramente tecnologico, e non scaturisce dal possesso o meno di una qualsiasi tecnologia. Piuttosto, riguarda l’educazione alla forma mentis necessaria per avvicinarsi con consapevolezza ai nuovi canali di comunicazione.
Dare un computer a ogni studente non significa metterlo nelle migliori condizioni di utilizzare il Web.
La facilità con cui i nativi digitali imparano a destreggiarsi tra strumenti informatici e piattaforme ci ha illuso che sia sufficiente fornire loro uno strumento per trasformarli in utilizzatori consapevoli. In realtà, le competenze informatiche dei giovani sono state messe in discussione più volte, poiché sempre più spesso un livello molto alto di abilità nell’utilizzo di software si accompagna alla difficoltà di individuare, ad esempio, fonti e canali di informazione affidabili, come ha rilevato una recente ricerca dell’Università Bicocca.
Modelli narrativi per la formazione delle generazioni future
Sulla base di questi aspetti Jenkins ha individuato alcune tematiche molto delicate, relative alla formazione digitale dei cittadini di domani. I principi di questo approccio sono i seguenti:
- occorre lavorare per rendere più sicura la partecipazione consapevole alla fruizione o creazione dei contenuti
- c’è bisogno di stabilire regole sulla trasparenza delle notizie e delle fonti, problema già molto sentito con i media tradizionali
- bisogna rifiutare l’idea che la tecnologia sia un pericoloso generatore di problemi sociali.
Sotto questo aspetto, lo Storytelling digitale può diventare uno strumento imbattibile per creare un nuovo umanesimo della tecnologia.
I 7 principi del Transmedia Storytelling
Jenkins descrive la narrazione transmediale attraverso la descrizione delle sue caratteristiche costitutive, che possono anche essere viste come elementi per determinare la natura di ogni operazione di Transmedia Storytelling:
- Spalmabilità e Penetrabilità
- Continuità e Molteplicità
- Immersione ed Estraibilità
- Costruzione di mondi
- Serialità
- Soggettività
- Performance.
Spalmabilità e Penetrabilità
Ogni contenuto, per sua natura, ha un potenziale che lo rende più o meno in grado di diffondersi attraverso le reti digitali. Jenkins preferisce il concetto di Spalmabilità a quello di Viralità, perché sostiene che quest’ultimo suggerisce l’idea che i contenuti possano propagarsi in Rete a prescindere dalla volontà delle persone. La Spalmabilità, invece, è frutto del libero desidero delle persone di impegnare tempo, risorse ed energie a favore di una maggior diffusione dei contenuti, così da aumentarne di fatto il valore sociale ed economico.
La Penetrabilità di un contenuto, invece, nasce da una riflessione successiva all’opera di Jenkins e apre a un concetto ampio quanto affascinante: più una storia è intrigante, più gli spettatori, i fan e il pubblico saranno invogliati a esaminarne dettagli e complessità. È il caso di Twin Peaks, ad esempio, antesignano della Penetrabilità: già ai tempi della prima serie i forum dedicati a risolvere il famoso “whodunit” – “Who Killed Laura Palmer?” – non si contavano.
Il rapporto tra Spalmabilità e Penetrabilità si gioca sul crinale dell’impegno cognitivo profuso da fan e spettatori. Nel primo caso si tratta di un impegno di breve durata, che dura il tempo di una condivisione. Il secondo, invece, rappresenta una ricerca a ritroso, compiuta dagli spettatori che si mettono a caccia di dettagli e particolari che ricostruiscono il valore della narrazione.
Continuità e Molteplicità
La Continuità rappresenta l’indice di coerenza interna tra i contenuti che si rifanno a un medesimo ecosistema narrativo. Più questo valore è alto e percepibile, più investire tempo ed energie nei confronti di un prodotto narrativo transmediale risulterà soddisfacente. La Molteplicità, invece, è la capacità di un prodotto narrativo di produrre alternative di senso all’interno del mondo narrato, permettendo così di leggere eventi ed esistenti sotto una luce nuova. La Molteplicità è la caratteristica tipica degli User Generated Content, confezionati dagli utenti utilizzando logiche produttive molto deboli (se non proprio nessuna) e plurali, che contaminano la narrazione transmediale e la trasformano in un’operazione collettiva di Storytelling.
Immersione ed Estraibilità
Entrambi i concetti fanno riferimento alla relazione che intercorre tra una determinata operazione di Transmedia Storytelling e la comune esperienza di consumo dei contenuti. L’Immersione è il coefficiente di “esplorabilità” del mondo narrato da parte dello spettatore o fan, e dipende dalla disposizione dei singoli elementi all’interno di fabula e intreccio. L’Estraibilità, al contrario, è l’insieme delle operazioni tramite cui è possibile selezionare elementi discontinui all’interno di una specifica narrazione e diffonderli nel proprio mondo. È il caso, ad esempio, della serie tv più longeva della storia, I Simpson, e di tutte quelle movenze o espressioni linguistiche che sono entrare a far parte del linguaggio gergale.
Costruzione di mondi
Tempo, azione e, soprattutto, luogo. Tutti i principali esempi di narrazione, soprattutto quelle transmediali, lavora alla costruzione di un mondo di riferimento. Spesso la trama stessa viene subordinata allo sviluppo di questo mondo. In altre occasioni, è proprio l’universo valoriale espresso dall’ambientazione a offrire la possibilità di creare sottotrame, spin-off o narrazioni parallele che, pur essendo indipendenti, possono essere comprese pienamente solo grazie alla decodifica del mondo che le ha generate. E, soprattutto, grazie al passaggio da un medium all’altro. A parte Tolkien, chi ha saputo fare suo il principio di Costruzione di mondi sono gli autori di Ravenloft, storica ambientazione gotica del gioco di ruolo Dungeons & Dragons, arricchita e impreziosita da romanzi come Il vampiro delle brume, Danza fatale, Il Signore di Ravenloft o Lo spettro della rosa nera, prodotti editoriali non del tutto indipendenti dalla narrazione principale, che hanno fornito a giocatori e Dungeon Master nuove chiavi di lettura per interpretare il Semipiano del Terrore, ossia il mondo in cui prendono corpo le avventure.
Serialità
La Serialità nasce ben prima della Rete e dei prodotti digitali, da Dickens al cosiddetto romanzo d’appendice. Lo Storytelling transmediale esaspera il concetto di Serialità, disseminando il significato non solo su diversi frammenti della stessa narrazione, ma anche su canali e piattaforme diverse.
Soggettività
La Soggettività è la caratteristica che mette una storia in condizione di essere raccontata sotto molteplici punti di vista. Di solito ciò accade quando a personaggi secondari viene affidato il compito di identificare, esplorare e chiarire alcuni elementi della narrazione. Spesso dando vita a racconti paralleli che non hanno nulla da invidiare, quanto a forza e pervasività, al nucleo narrativo centrale. Anche in questo caso, come nella precedente Serialità, il Transmedia Storytelling esaspera questo concetto e ospita i punti di vista secondari su piattaforme diverse da quella (o quelle) in cui si sviluppa la narrazione principale.
Performance
La Performance, invece, è quell’elemento di ogni narrazione transmediale che invita fan e spettatori a produrre contenuti autonomi, seppure sempre legati all’universo di partenza. Pensiamo a Lost, e alle licensed novelisation peraltro stroncate da molti dei fan della prima ora.
Carlos Alberto Scolari: Transmedia Storytelling, Alternate Game Reality e mondi narrativi virtuali
Carlos Alberto Scolari sposa la teoria iniziale di Henry Jenkins affinandone l’analisi, soprattutto in relazione alle modalità di espansione della narrazione transmediale. In quanto storia raccontata attraverso l’utilizzo di diversi media, essa assume la forma di un racconto contemporaneo che può esprimersi, ad esempio. sotto forma di film o altro prodotto audiovisivo, fumetto, videogioco.
La prima caratteristica di questi brandelli di storia è che ognuno ha vita propria ed è autonomo, può essere fruito in modo univoco e a prescindere dagli altri. Per esempio, un fumetto deve essere accessibile anche a chi non ha visto il film a cui si ispira, e questo non è un elemento scontato.
Secondariamente, i singoli contenuti non devono essere dei meri adattamenti della storia al medium che li ospita. Piuttosto, devono essere contenuti realizzati appositamente, con un ruolo preciso e una collocazione ben definita all’interno della “sovranarrazione” centrale, e possedere un proprio senso di esistere e comunicare.
Pensiamo ai Pokemon, classico esempio di Transmedia Storytelling: un cartone animato sviluppatosi attraverso figurine, videogiochi, anime, libri, gadget e collezionabili. All’interno di questo ecosistema, ogni medium è stato chiamato a raccontare una storia diversa, capace di contribuire alla costruzione di un universo narrativo più ampio, ma sostanzialmente autonoma.
Creatori dei contenuti e prosumer
La nascita delle narrazioni transmediali è affidata tanto ai tradizionali creatori di contenuti quanto ai cosiddetti prosumer. Scolari li descrive così:
- da un lato ci sono i contenuti ufficiali, l’industria culturale, le strategie di sfruttamento commerciale, i produttori
- dall’altro il fandom, gli User Generated Content (UGC), i circuiti alternativi, le tattiche collaborative di riappropriazione.
Questi due mondi rappresentano due facce di una stessa medaglia che è essenzialmente la cifra ultima della narrazione digitale – la co-creazione di significati – e contribuiscono a espandere l’universo narrativo determinato dall’intreccio di un insieme di storie.
Le strategie di espansione dell’universo narrativo secondo Scolari
Il perimetro di espansione della narrazione può avvenire, secondo Scolari, in 4 modi distinti, attraverso:
- la creazione di microstorie interstiziali
- la creazione di storie parallele
- la creazione di storie periferiche
- i contenuti creati dagli utenti
Le microstorie interstiziali possono essere rappresentate da videogiochi, clip, fumetti e contenuti che arricchiscono la narrazione espandendo il tempo narrativo che intercorre tra un contenuto e l’altro.
Le microstorie parallele sono storie legate strettamente al sistema generale della narrazione (o “macrostato”) e, col tempo, possono evolversi o persino trasformarsi in spin-off.
Le storie periferiche possono evolversi come le precedenti ma hanno una relazione più debole con il macrostrato.
I contenuti creati dagli utenti si interfacciano parallelamente alle storie descritte finora e possono essere considerati a tutti gli effetti elementi in grado di modificarle o ampliarle.
Il Transmedia Storytelling nella scuola e nella didattica
Il mondo digitale implica la creazione di persone dotate della giusta sensibilità per gestirlo in modo consapevole e, in qualche modo, sopravvivere a quegli aspetti che lo rendono non proprio trasparente e non proprio democratico. In questo senso, l’utilizzo dei nuovi media e delle tecnologie digitali vanno trattate come competenze fondamentali per lo studente di oggi, cittadino del domani. Peraltro, le stesse tecnologie possono essere utilizzate per migliorare percorsi di insegnamento basati su metodi stantii e poco efficaci.
Il Transmedia Learning può essere utilizzato per insegnare agli studenti a:
- diventare fruitori attivi dei contenuti
- sviluppare acume e senso critico
- partecipare alla creazione di contenuti
- valorizzare le inclinazioni personali
- riscoprire i propri talenti
É possibile applicare i principi del Transmedia Storytelling ai metodi formativi e migliorare la capacità di bambini e ragazzi di comprendere e metabolizzare i contenuti, di imparare a produrli, di capire come relazionarsi in modo intelligente e costruttivo con l’ecosistema digitale.
È lo stesso Jenkins a spiegarci come introdurre la narrazione transmediale a scuola: parallelamente non mancano le esperienze positive riguardanti il rapporto tra Storytelling transmediale ed educazione.
Dexter, Matrix, Biophilia Educational e Shadows of Esteren: alcuni esempi di Transmedia Storytelling
Il modo migliore per avvicinarsi al Transmedia Storytelling e apprezzarne le potenzialità resta sicuramente lo studio dei principali e più riusciti prodotti narrativi transmediali che hanno appassionato milioni di fan in tutto il mondo. Ho scelto quelli più rappresentativi per fornire un primo elemento di analisi. Vediamoli assieme:
Dexter, dalla serie televisiva alla narrazione transmediale
Dexter non ha bisogno di presentazioni. È una delle serie tv più popolari di sempre, ma soprattutto quella che più di tutte ha saputo utilizzare piattaforme e linguaggi diversi per coinvolgere il pubblico e metterlo in condizione di contribuire alla narrazione. Nato nel 2004 dal libro “Daily dreaming Dexter” di Jeff Lindsay, deve parte della sua popolarità a una serie di campagne virali nate per promuovere il lancio delle nuove stagioni televisive. In particolare, la seconda stagione è stata preceduta da Dexter hit list, campagna virale che ha permesso ai fan di personalizzare un fantomatico video clip di una conferenza stampa della polizia inglese. Come? Inserendo il nome di un amico nella lista dei prossimi obiettivi del famoso serial killer. Successivamente, in occasione della quarta stagione è stata lanciata la Web serie “Dexter: early cuts”, una sorta di prequel dell’intera serie tv: sei episodi che hanno approfondito alcuni aspetti poco conosciuti della vita di Dexter Morgan e dei motivi che lo hanno spinto a diventare un assassino seriale. Nel 2010 è stato pubblicato su YouTube una serie di video interattivi grazie ai quali gli utenti potevano svolgere indagini e aiutare Dexter a stanare un pericoloso serial killer di New York.
La serie televisiva, inoltre, è diventata un Alternate Reality Game, mentre il sito Web ufficiale o i canali social media sono ben presto diventati luogo di culto (e di merchandising) per milioni di fan, e hanno arricchito ulteriormente l’esperienza transmediale. È vero, non è l’unica serie televisiva a consentire ai fan di entrare in contatto con i contenuti in modalità multipiattaforma. Ma Dexter è forse quella che di più incarna il concetto di Storytelling transmediale, perché cerca di abbattere i confini tra produttori ufficiali di contenuti e fan, chiamati a incarnare il ruolo di “co-narratori” del messaggio di fondo. Non a caso, in occasione dell’edizione 2010 della Comic-Con di San Diego, i fan presenti sono stati chiamati a partecipare alle indagini per risolvere un finto assassinio. Le informazioni erano state disseminate sapientemente in Rete attraverso blog, siti Web, forum e social media, ed era stato creato un account Twitter allo scopo di raccoglierle tutte: l’iniziativa, infine, è stata riassunta in questo video:
Matrix: il cinema diventa transmediale
Matrix, film dei fratelli Wachowski del 1999, è un perfetto esempio di Storytelling transmediale che ha traghettato gli spettatori dal grande schermo ad altri supporti digitali, lasciando loro facoltà di cerca informazioni utili a ricostruire un mondo altrimenti vago e sfuggente, almeno per come descritto dalla linea narrativa principale. Matrix è così diventato “Enter the Matrix”, videogioco del 2003 che ha portato la trilogia dal cinema ai personal computer, aggiungendo così un nuovo livello di partecipazione alla narrazione. Non mancano i cortometraggi animati ambientati nel mondo di Matrix e vissuti in prima persona dai principali protagonisti della trilogia, cosa che ha permesso ai creatori di espandere in modo decisivo la narrazione principale, aggiungendo informazioni utili a comprendere meglio il futuro oscuro che fa da sfondo all’ambientazione. In tutto questo, ogni contenuto e ogni canale utilizzato sono in grado di comunicare molteplici aspetti che si collocano all’interno di un paziente mosaico cognitivo, costruito sì dagli elementi forniti dagli autori ma anche dalle azioni compiute da spettatori e gamer. Video, illustrazioni, opere d’arte e cosplay sono solo alcuni degli ulteriori elementi che hanno ampliato ulteriormente i confini della narrazione, facendola diventare sotto ogni aspetto una performance collettiva.
Biophilia Educational: lo Storytelling transmediale per la crescita personale e l’apprendimento
Biophilia è un progetto di Transmedia Storytelling applicato ai progetti sociali ed educativi riguardanti l’apprendimento dei più giovani. Si rivolge soprattutto ai bambini di età compresa fra i 10 e 12 anni, ed è stato creato da Björk Guðmundsdóttir, la città di Reykjavík e l’Università dell’Islanda, contestualmente all’uscita dell’album di Björk “Biophilia” del 2011.
L’obiettivo è spingere i bambini a esplorare caratteristiche e talenti personali attraverso un percorso di apprendimento che abbraccia musica, scienza e natura, e si avvale di strumenti educativi basati sullo Storytelling transmediale.
Partecipazione e collaborazione sono valori alla base di questo protocollo educativo, creato e reso sempre più completo grazie all’intervento dei diversi attori sociali. Sistema educativo, istituzioni culturali, mondo della scienza e istituti di Ricerca: tutti uniti nel comune compito di insegnare ai bambini coinvolti ad abbattere i limiti che frenano la creatività e a comporre musica in modo intuitivo, aiutati dalle tecnologie digitali ispirati dalle strutture, dai pattern e dai fenomeni naturali.
Shadows of Esteren: tra Gioco di ruolo e Storytelling transmediale
Shadows of Esteren è oggetto di culto tra molti appassionati di Roleplay. Un modo medievale, intriso di romanticismo malinconico e pervaso da orrori spettrali e antiche leggende di ispirazione celtica. Nato come prodotto squisitamente editoriale – i manuali con le regole e l’ambientazione – con il tempo ha allargato i suoi orizzonti ad altre forme espressive. Tra queste la musica. Nel maggio 2017 Agate RPG, casa editrice di Shadows of Esteren ha annunciato che il finanziamento dell’album e del tour di Adeliane su Kickstarter era andato a buon fine. Descritto come un viaggio musicale oscuro e misterioso all’interno del mondo di Shadows of Esteren, e composto da François Rousselot, Adeliane racconta la storia di uno dei personaggi principali della saga, una donna coraggiosa eppure minacciata da un tragico passato e dagli incubi che esso ha partorito. Il tour, invece, è iniziato nel giugno del 2017, come giusta celebrazione di un universo immaginario fatto di musica, gioco di ruolo, esperienza, narrazione, graphic novel e partecipazione.
Shadows of Esteren: A Transmedia Adventure from Esteren on Vimeo.
Dietro a ogni azienda c’è una storia di impegno
che merita di essere raccontata.
La prossima potrebbe essere la tua.
Perché non ne parliamo assieme?
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Consulente per la comunicazione digitale. Mi occupo di Content Strategy, Content Marketing e Storytelling. Aiuto i miei clienti a progettare narrazioni e contenuti digitali che funzionano e portano risultati misurabili. Il mio approccio è media neutral: utilizzo indifferentemente testi, immagini e video per creare valore tangibile. Organizzo corsi di formazione in azienda, insegno presso l’Istituto Europeo di Design di Milano. Ho condensato parte del mio metodo di lavoro nel volume “Manuale di scrittura digitale creativa e consapevole” (Flaccovio, 2016), con l’obiettivo di aiutarti a produrre contenuti di livello eccezionale.
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