Forbes: giornalisti pagati “a clic”
Giornalismo partecipativo, in tutti i sensi. Partecipativo e imprenditoriale. Sì, perché freelance e collaboratori di Forbes da circa un anno e mezzo partecipano appieno al successo del sito web e, soprattutto, dei suoi contenuti. Il meccanismo è molto semplice: è stato spiegato dal chief product officer Lewis Dvorkin nell’ultimo editoriale, come riportato da Il Mondo, e si basa sul principio degli incentivi.

Più un articolo online genera traffico, più il collaboratore é pagato. Semplice, lineare, diretto.
Una versione digitale del cottimo? Forse, fatto sta che Forbes.com, dati ComScore alla mano, nel periodo che va da dicembre 2010 a fine 2011 ha aumentato i propri lettori da 9,3 a 12,2 milioni, mentre il tempo medio speso sul sito è cresciuto da 1,1 a 4,4 minuti. Intanto – sottolinea lo stesso Dvorkin – nell’ultimo anno il traffico dai social network verso il sito è aumentato di 17 volte. Come a dire, anche a livello di “indice di gradimento online” Forbes non è messo niente male, se è vero che tutto questo traffico nasce da like, condivisioni e tweet.
Da qui la scelta di portare il modello degli incentivi sulla versione cartacea della rivista. Come annunciato da Dvorkin, i collaboratori continueranno a produrre articoli scritti, ma saranno incoraggiati a lavorarci su online, aggiornandoli o completandoli, e quindi messi in condizione di accedere ai bonus previsti per alti livelli di traffico.
Di cifre non si parla, ma finora pare non si sia lamentato nessuno. Il che non è poco, visto il polverone sollevatosi poco meno di un anno fa dalle parti di Huffington Post in relazione al rapporto tra editore e collaboratori esterni. Lì la questione era leggermente diversa: c’era di mezzo la cessione della testata ad AOL per una cifra stratosferica e i mugugni di collaboratori e blogger che per anni avevano contribuito – gratis o quasi – alla grandezza del progetto editoriale di Arianna Huffington.
Qui si parla di un nuovo modello di business, che se da un lato riconosce al giornalista parte della responsabilità del successo o meno di un articolo, dall’altro – se governato male – si presta a storture di ogni tipo.
Anche in Italia ci sono, o ci sono stati, casi di editori online che pagavano in relazione al traffico generato da un post. Il problema è che non era prevista una formula “fisso + incentivo”. Anzi, livelli di traffico più bassi di quanto previsto dall’editore per un certo argomento potevano persino portare l’incentivo a zero Euro o quasi.
È finita che a rimetterci (oltre al portafoglio del collaboratore) è stata la qualità degli stessi articoli prodotti. Molto facile, infatti, arrivare al paradosso di puntare sulla quantità, producendo articoli o post molto “spinti” sul lato SEO ma deboli quanto a reale valore contenutistico. Infatti, quel modello di business si è modificato nel tempo e gli editori online in questione hanno dovuto cambiare politica nei confronti dei loro collaboratori. Ma questa è un’altra storia.

Consulente per la comunicazione digitale. Mi occupo di Content Strategy, Content Marketing e Storytelling. Aiuto i miei clienti a progettare narrazioni e contenuti digitali che funzionano e portano risultati misurabili. Il mio approccio è media neutral: utilizzo indifferentemente testi, immagini e video per creare valore tangibile. Organizzo corsi di formazione in azienda, insegno presso l’Istituto Europeo di Design di Milano. Ho condensato parte del mio metodo di lavoro nel volume “Manuale di scrittura digitale creativa e consapevole” (Flaccovio, 2016), con l’obiettivo di aiutarti a produrre contenuti di livello eccezionale.
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