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Digital Divide: l’opinione di Riccardo Mares


La copertina del libro Mamma posso spiegarti lavoro nel Web

 

Qualche giorno fa, parlando con Riccardo Mares di Rete e dintorni, è saltato fuori il tema del Digital Divide, o divario digitale. Da qui la proposta: “Vuoi un po’ di spazio sul mio blog per approfondire alcuni concetti?”. Non ne ha bisogno, ovviamente, lui che già tiene il suo e, nell’ultimo anno, ha fatto molto parlare di sé per la sua continua attività a supporto della divulgazione di tutti quei temi, tecnologici e non, che sommariamente (e in parte con qualche ingiustizia) potremmo chiamare “cultura digitale”.  Nonostante ciò Riccardo ha accettato di buon grado, e di questo lo ringrazio. Ecco cosa  ha scritto:
Concedimi un immorale paragone: suddivido la popolazione in inferno-purgatorio-paradiso, nei confronti del loro rapporto col web.

1) Nell’inferno ci sono quelli che il web non sanno nemmeno cosa sia il web e, non conoscendone l’esistenza, non ne sentono il minimo bisogno.

2) Nel paradiso ci sono coloro che il web lo conoscono bene e lo sfruttano al meglio.

3) Nel purgatorio c’è il resto del mondo, probabilmente la maggioranza del mondo.
Spesso sentiamo parlare di Digital Divide, ovvero di quel divario tra chi può accedere ai benefici della rete e chi non può accedere, ma lo vorrebbe.

Il Digital Divide è un sottoinsieme del purgatorio.
In Italia ci sono due enormi forme Digital Divide: quello tecnologico e quello educativo.

Il Digital Divide Tecnologico nasce probabilmente da un’Italia oppressa da un monopolio delle infrastrutture di rete, che non è stato in grado di garantire la copertura totale (=Internet / Telefono per tutti). Da qui si potrebbe aprire un’enorme parentesi politica, ma non è il caso e il luogo adatto (e io la persona adatta). Risultato? Una percentuale elevata di popolazione non ha accesso alla rete a una velocità accettabile. Traduzione: il mondo sta viaggiando in BMW e noi italiani abbiamo una Pandina (modello vecchio) a metano.

Il Digital Divide Educativo è quello che colpisce la popolazione da dentro, secondo me il più pericoloso. E’ un virus che comprende chi non sente il bisogno della rete, si allarga a chi ritiene la rete uno strumento di perdizione fino a toccare coloro che hanno un’idea della rete ma è quella sbagliata (cit. Quelo).

T’ho chiarito un po’ il casino in cui ci troviamo oppure ho fatto più confusione ancora? Dai provo a fare un altro passo.


Pensando al mondo di qualche decennio di anni fa, uno dei maggior problemi legati allo sviluppo era la bassa reperibilità delle informazioni. Pensiamo agli anni d’oro dell’Italia, dopo il primo dopoguerra, ricchi di cultura e scoperte. Ma le informazioni, la conoscenza? Erano in mano ad un gruppo ristretto di persone: benestanti, chiesa, università (a cui spesso potevano accedere solo i benestanti). Oggi abbiamo probabilmente il problema contrario: siamo sommersi dalle informazioni tant’è che spesso necessitiamo di figure in grado di estrarre per noi le “notizie” migliori. Un po’ come la mitica figura del bibliotecario, a cui ci si rivolgeva per un consiglio su cosa poter leggere in base all’esigenza del momento.

Informazione soltanto? No: la rete porta con se (qualcuno c’ha coniato il termine Web 2.0) il dialogo, l’accesso veloce all’interazione, la possibilità di collaborare, creare, co-creare, costruire a infinite mani. Pensa – ad esempio – ai programmi che vengono chiamati open-source, dove sono mille le mani che li hanno progettati e che ogni giorno lavorano – anche gratuitamente – per porvi migliorie.
Poi però arriva chi dice “La rete è una perdita di tempo”, “La rete è pericolosa”, “La rete è la gente che posta i selfie su Facebook”: non ti pare un po’ riduttivo? Personalmente a me queste definizioni stanno molto strette. Io la rete l’ho quasi vista nascere, ci sono dentro fino al collo più o meno dal ‘96, c’ho perso tanto tempo, ma è stata la mia salvezza, il mio lavoro, la fonte di crescita.

Cardine del rapporto tra progresso e crescita la curiosità: la scintilla in grado di fare esplodere qualsiasi ordigno conoscitivo. Vuoi formarti? La rete può essere uno dei tuoi migliori amici: non me ne vogliano gli accademici (un foglio di carta ce l’ho pure io), ma la rete offre possibilità di informazione senza limiti. Se poi conosci l’inglese hai vinto! Immagina di poterti confrontare 24 ore su 24 con un numero infinito di esperti.

Per questo – più di un anno fa – decisi di fare un libro su questo argomento. Un libro con vari obiettivi: fare conoscere la rete quella vera, dare a chi deve fare impresa le basi per capire le possibilità che la rete offre, spiegare a mia madre (già detta #MammaMrx) che lavoro faccio e che, quando perdevo le notti davanti al PC (non proprio tutte…), stavo facendo un investimento sul mio futuro. Nel libro trovi le definizione di cosa è la rete e gli strumenti che la compongono, di come funziona, di cosa è un sito e di come lo si può promuovere. Ma anche indicazioni per l’autoformazione e per la tutela della propria privacy, il cui primo nemico sei proprio tu.

Concludo questo lungo post – sei ancora sveglio??? – con una frase che mi piace sempre dire: la rete è un enorme amplificatore e come tale amplifica il bene e il male. Chiudo con un consiglio: dai sfogo alla tua curiosità e cerca di munirti degli strumenti che ti rendano in grado di discernere (in rete) il bene e il male. Questi strumenti sono rappresentati da: conoscenza di base, esperienza, punti di riferimento (siti e persone).


Detto questo mi scuso di averti rubato così tanto tempo. Se ti va il mio libro si chiama “Mamma posso spiegarti: Lavoro nel web”. Se vai su www.mammamrx.it trovi tutte le info e – eventualmente – le indicazioni per scaricarti la versione gratuita, se ancora non t’ho convinto.

comunicazione, social media

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