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#globalchange: Baas pubblica un’analisi della conversazione su social media


Ancora una volta, i social media sono protagonisti. Parliamo delle manifestazioni di protesta di sabato scorso, promosse in tutto il mondo dal network 15th october e dai movimenti che si rifanno all’esperienza degli Indignados spagnoli e di Occupy Wall Street.
Baas, agenzia di business intelligence greca, ha analizzato flusso e impatto della conversazione online sui temi proposti in occasione dell’evento Global Change, e le conclusioni cui è giunta sono molto interessanti, sia per chi si occupa di social media in senso stretto, sia per chi segue l’evoluzione del movimento globale anti-crisi.

Innanzitutto il metodo: sono state analizzate le keyword 15october.net, globalchange, #15o, #15oct, #live15o, #occupylsx, in tutti i paesi.
Il primo grafico mostra il volume delle mention.

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Il secondo, lo share of voice. E dimostra che il microblog (e nello specifico, Twitter) è stato il canale che più di tutti ha convogliato la conversazione. Dal mio punto di vista, questa non è una sorpresa, viste le caratteristiche di immediatezza di Twitter, unito al ruolo ricoperto negli ultimi anni come sostituto dell’informazione in tempo reale, specie laddove é forte l’esigenza di comunicare al di fuori dei canali ufficiali.

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Si passa poi all’analisi dei paesi da cui è arrivato il maggior numero di mention. Alla vigilia ci si aspettava un predominio assoluto degli Stati Uniti, cosa che non c’è stata. Non almeno con i numeri che ci si attendeva. Si veda ad esempio che la Spagna ha prodotto un numero molto alto di mention, specie se paragonato a un paese molto più grande come gli USA. Azzardo un’ipotesi: secondo me i numeri che riguardano l’Italia sono al ribasso, visto che la ricerca non ha preso in considerazione l’hashtag #occupyrome. È altrettanto vero che tutti gli hashtag #occupy(nome o sigla della città) non sono stati considerati. Questo mi fa pensare che in realtà i dati relativi agli Stati Uniti sono molto schiacciati: credo infatti che, di fronte alla necessità di smistare una conversazione molto articolata (per quantità e città di provenienza), gli utenti americani abbiano giocoforza dovuto usare gli hashtag localizzati. Il dato spagnolo, invece, rimane di tutto rispetto.

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Ad ogni modo, qui potete trovare la lista completa realizzata da Baas. Un’avvertenza: non considera eventuali mention contenenti hashtag che riportano a messaggi scritti in lingua locale.

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Tralascio il grafico sui dati demografici, che è troppo generico per poter dire qualcosa di significativo (6.216 unknown su 18.014 fonti è un bello scarto, dopotutto).

Quanto al tono, prevalgono le mention di carattere neutro (va detto che anche la semplice segnalazione di un link lo è). I commenti specificamente positivi o negativi si concentrano attorno all’hashtag #GlobalChange. Tra i positivi, emerge soprattutto un sentimento di ammirazione nei confronti del carattere globale della protesta. I “negativi” (occhio alle virgolette), esprimono principalmente sentimenti negativi e di disapprovazione nei confronti dei governi, accusati di non occuparsi a sufficienza dei problemi dei cittadini, preferendo invece questioni monetarie.

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Popolarità. Classico grafico con la coda lunga della popolarità dei twit. L’ascissa indica il numero di twit, l’ordinata un parametro definito come Popularity Index. Le prime 88 mention della classifica (posizionate al grado 10 dell’ordinata) possono teoricamente aver raggiunto milioni di persone.

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Principali domini. La bella notizia è che tra i siti più influenti e più citati c’è la Wu Ming Foundation, a ribadire ancora una volta l’importante ruolo ricoperto dal sito (e in particolare dalla sezione Giap!) nel proporsi come fonte di informazione autorevole e seguita.
Avvertenza: si può notare che dal presente grafico, Facebook è assente. Questo dipende probabilmente dai terms of service del popolare social network: ciò nonostante, non è difficile immaginare che il principale dominio in cui è passata la conversazione sulle manifestazioni del 15 ottobre sia proprio Facebook.

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E quali sono state le emozioni espresse nelle mention prese in esame? Di tipo “sociale” ed “economico”, stando alle rilevazioni. Molto più interessante, notare che al terzo posto si collocano mention di tipo “aspirazionale” (nell’originale, achieve): la si potrebbe definire una macro-categoria che incarna il bisogno di cambiamento e il desiderio di un mondo sempre più a misura di essere umano.
In chiusura, va detto che in questo punto la ricerca avrebbe dovuto spiegare meglio il sistema di parametrizzazione che include un messaggio nell’una o nell’altra categoria.

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Studi di questo tipo vanno intesi come un primo passo da compiere, anche e soprattutto nell’ottica di affinare gli stessi metodi di indagine. Ad ogni modo, analisi come questa vanno lette con estrema attenzione, perché rendono conto pienamente del ruolo dei social media nel veicolare la conversazione online e la comunicazione attorno a temi di interesse globale.

(Fonte dati: http://baas.gr)

comunicazione, facebook, social media

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